Ti prego non ridurmi a icona, di Stefano Pomes

“La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori.”

Johann Sebastian Bach

Oggi si parla di musica (e non solo) e lo facciamo presentandovi il libro Ti prego non ridurmi a icona, scritto dall’autore pugliese, ma romano di adozione, Stefano Pomes (classe 1985) ed edito per i tipi di Scatole Parlanti, 2020.

Ti prego non ridurmi a icona

Ti prego non ridurmi a icona: trama

Roma. Stefano è un giovane bloccato nel suo ruolo di funzionario pubblico; vorrebbe essere in grado di dare forma alle sue inclinazioni artistiche e di vivere appieno il suo amore per Lucia. Il ritmo altalenante della loro relazione è scandito dai titoli di libri che abitano i ripiani di un mercato dell’usato e dalle rime di Niccolò Contessa, leader del gruppo musicale I Cani.
Quando la storia con Lucia inizia a sfaldarsi, Stefano cerca ossessivamente rifugio nelle canzoni di Niccolò e intraprende con lui un visionario confronto. Il giovane spera così di riuscire a trovare le risposte ad un’esistenza giovanile che sembra essere sempre in ritardo; a un mondo che non riesce più a essere un posto sicuro per la vera arte.

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Storia di amori

Tra le pagine troviamo un’interessante storia d’amore, ma forse sarebbe meglio dire storia di amori: amore per Lucia, con la quale Stefano intrattiene un rapporto caotico di passione e odio; amore per la musica; amore per gli amici e, nello specifico, per quella amica che sa ascoltare i piagnistei sulla vita schifosa e su quel sentimento strano che è amore vero quando non c’è più e rottura di coglioni mentre ce l’hai tra le dita.
D’altronde il protagonista, a una prima lettura, sembrerebbe un ragazzo come tutti quelli della sua generazione: un nevrotico che non sa soffrire (o che soffre male) e che non riesce a stare da solo; il perfetto prodotto fallato della sua epoca.

«Stefano, è normale» mi ha detto. «Non è che tu non soffri, è che tu non soffri abbastanza. Non soffrire abbastanza è lo spirito del nostro tempo: si va avanti! Le vedove si risposano. Arrenditi, sei un contemporaneo».

pag. 39

Ti prego non ridurmi a icona… Niccolò, pensaci tu!

Niccolò Contessa diventa capro espiatorio delle disfatte esistenziali di Stefano, delle vicissitudini amorose con Lucia. Contessa è idolatrato, odiato, preso in giro dal protagonista. Perché? Ma perché è un cantante e come tale scrive non di lui, ma di tutti quelli che nelle sue canzoni si riconoscono e, quindi, diventa a tutti gli effetti amico, addirittura paroliere della vita e del destino di chi li ascolta.
E allora s’inizia quasi a pensare di voler essere come lui o, semplicemente, aver avuto la sua vita, le sue intuizioni.

«Il punto è questo, quando ho ascoltato per la prima volta questa canzone ho pensato: testa di cazzo, io vado al parco e leggo David Foster Wallace. Prova a seguirmi. In questa canzone, Hipsteria, questa ragazza, Caterina – mia madre si chiama Caterina- ci assicura che andrà a lavorare a New York.»

pag. 16

Stefano nei momenti più difficili della sua vita dialoga e si confronta con l’artista in un immaginario tête-à-tête, facendolo diventare la trave portante della trama, involontario co-autore del libro.

Il legame tra vita, letteratura e musica

Il motore della storia d’amore di Stefano e Lucia è l’unione tra musica e letteratura. La coppia si aggira per gli scaffali dei libri impolverati e usati del Mercatone di Roma analizzando, spiegandosi, sollevando dubbi su canzoni, titoli di libri famosi, stralci di vita vissuta assieme.

Paragoni e citazioni si susseguono molto bene, alimentando nel lettore la voglia di saperne di più. I continui riferimenti alla musica e alle sue tecniche aiutano a creare nella mente immagini molto forti, facendo vedere la musica ovunque.
Ma questo può diventare un’arma a doppio taglio. Chi non è molto esperto in materia (e io purtroppo appartengo alla categoria) può avere difficoltà ad assaporare fino in fondo lo stretto legame che unisce vita e musica.
Ciononostante la lettura non è mai pesante. L’autore riesce nella perfetta ricostruzione di atmosfere romane (chi non è mai andato a spulciare tra i libri e la polvere del Mercatone?) e costruisce un interessante racconto a “spizzichi e bocconi” simpaticamente neurotico (Stefano parla a noi, poi a Niccolò, poi a se stesso, poi con gli altri personaggi del racconto) creando non una banale trama definita ma singolari percorsi ad ostacolo.

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Ti prego non ridurmi a icona… perché?

«Io, che capivo dove si andava a parare, riducevo la pagina a icona e speravo che la faccenda morisse lì.»

pag. 55

L’ultima riflessione riguarda proprio il titolo. In un mondo così aperto alla comunicazione parlarsi davvero è diventato molto difficile.
Sì, avete ragione… vi sto propinando il solito pippone sulla “non-comunicazione” nell’era dei social. Eppure in una sola frase l’autore spiega chiaramente questo.
Per evitare di parlare, di litigare, di confrontarsi si preferisce chiudere tutto, ridurre a icone le proprie emozioni. Che peccato!

Ah, ma voi volete sapere come finisce la storia tra Lucia e Stefano! Mi dispiace, non ci è dato saperlo. La loro è una canzone che non è stata scritta e, in ogni caso, non abbiamo avuto ancora occasione di sentire.

Marilisa Pendino

Ti prego non ridurmi a icona

Autore: Stefano Pomes
Casa Editrice: Scatole Parlanti
Collana: Voci
Anno: 2020
pp. 126

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