I racconti di Guy de Maupassant: Casa Tellier

Il racconto di oggi si chiama Casa Tellier (Maison Tellier), pubblicato nel 1881 e inserito all’interno dell’omonima raccolta di storie firmate da Guy de Maupassant.

Trama

Madame Tellier è un’affascinante vedova e proprietaria di una casa di tolleranza a Fécamp, in Normandia.
Il posto, frequentato da un’abituale clientela borghese (banchieri, esattori e grossisti) è animato da cinque ragazze Fernanda, Raffaella, Rosa, Luisa e Flora; fanciulle molto amate dagli avventori e dalla stessa Madame la quale, rimasta sola ancor prima di diventare madre, riversa nelle sue aiutanti un sincero amore materno.
Gli affari della Casa, l’unica in città, procedono sempre molto bene e con ritmo serrato. Del resto, nella campagna normanna non esiste nessun tipo di pregiudizio legato all’esplicita professione.
Tutto si stravolge quando, forse per la prima volta, il luogo dei piaceri è costretto a chiudere e lo fa per motivi singolari come apprendono gli stessi clienti che, avvicinandosi alla porta, scorgono un cartello con su scritto: Chiuso per causa di prima comunione.

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Le gentili signore, infatti, sono state invitate a Virville per assistere alla comunione della nipote di Madame Tellier; figlia del fratello.
È quest’ultimo un falegname molto affezionato alla sorella; un solido amore fraterno che trova ragion d’essere nella condizione di Madame: ricca e senza figli.
Nonostante le comprensibili preoccupazioni del vivace gruppo femminile, le dame vengono subito messe a loro agio.
La gente del posto, infatti, rimane piacevolmente colpita dall’attaccamento alla famiglia e dal sentito coinvolgimento di queste misteriose donne durante la cerimonia. E poco importa se si tratta di prostitute invitate da un fratello avido, poco importa se la commozione passata per sensibilità religiosa, in realtà è da attribuire a malinconici pensieri di una vita pura ormai lontana. Poco importa…se nessuno sa la verità!

Essere e apparire

Casa Tellier è un simpatico e preciso resoconto dell’eterna lotta tra essere e apparire. Anche in questo caso l’autore analizza l’ipocrisia del genere umano fatta di sfarzose maschere ambigue.
Maschere che trovano comoda collocazione sulle facce dei clienti delle ‘professioniste dei sentimenti’; borghesi che possono amarle solo di notte e solo a pagamento.
Ma anche sul viso del fratello di Madame. Quest’ultimo riesce a sorvolare sulla professione della sorella, mettendo da parte l’orgoglio e invitandola alla comunione della figlia. In realtà l’orgoglio viene meno non grazie all’affetto sincero, ma alla prelibata visione dello scintillio delle ricchezze che il peccaminoso luogo di provenienza non è riuscito a far sbiadire.

D’altro canto, neanche chi è beatamente ignaro sfugge all’ipocrisia. La comunità riunita ad assistere la celebrazione religiosa, accoglie e ammira le gentili forestiere solo ed esclusivamente perché nell’immaginario vengono associate a ruoli e luoghi ben diversi da quelli reali.
Ancora una volta la suddivisione ‘gente perbene – peccatori’ trova prepotentemente posto tra le pagine di un Mauppassant indagatore spietato.
Le uniche a non cadere nella trappola delle apparenze sono le eterne peccatrici che non smettono neanche per un momento, e per nessun motivo, i panni (sporchi?) che si sono scelti in barba alle disapprovazioni dei benpensanti.

Marilisa Pendino 


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