Eduardo De Filippo dichiarava: “Il teatro non è altro che lo sforzo disperato dell’uomo di dare un senso alla vita”. Un’affermazione vera, seppur con qualche eccezione.
Non sempre, infatti, l’uomo vuole conferire un possibile significato all’esistenza, ma s’impegna anche a dissacrarla per mettere in luce tutta l’illogicità che da essa scaturisce e per far questo ricorre, il più delle volte, alla grande macchina teatrale.
Un esempio lampante della ‘demistificazione dell’ordine della vita’ è lo spettacolo L’inizio, scritto da Sebastiano Ragni e portato in scena, al Teatro Lo Spazio di Roma, dalla compagnia teatrale Soggetti metropolitani.
Lo scorrere di un’esistenza sonnifera
Sebastiano, Giovanni ed Emilio sono tre giovani coinquilini molto diversi tra loro: realista e cinico il primo, spaccone il secondo e ottimista il terzo. Tutti, però, condividono lo scorrere di un’esistenza sonnifera e costantemente in attesa.
La quiete ‘mortale’ della loro quotidianità viene scossa quando Emilio porta in casa un seme, un oggetto innocuo ma in grado di stravolgere completamente le loro vite.
Su un palco abitato dall’essenzialità della scena con oggetti che accennano a una realtà domestica, il vivere dei protagonisti s’incontra e si scontra con ritmo serrato fino a rovesciare in faccia al pubblico discussioni ora comiche, ora violente. Una vera e propria lotta a colpi di ideali, illusioni, segreti e difetti dei tre.
L’inizio e le sue tracce
Il teatro diventa contenitore del grande caos della vita che i protagonisti maneggiano risoluti, incuranti di versare il suo prezioso contenuto sulla platea. Lo scopo è proprio questo: far partecipare il pubblico al vorticoso spettacolo della vita umana.
Straordinaria la presenza fisica degli attori che mettono in scena narrazioni e vicissitudini senza mai risparmiarsi. Il tutto accentuato da una regia interessante che ibrida le impegnative soluzioni del metateatro e del teatro dell’assurdo, perfettamente in linea con il resoconto teatrale.
Così, Il costrutto drammaturgico razionale è volutamente demolito, i personaggi rompono la quarta parete e attuano una piccola rivoluzione contro gli obblighi di un copione imposto dal narratore. A tenere insieme le redini del racconto è sempre il seme, motivo di scontri ma anche simbolo di speranza e di nuove possibilità.
In questa estenuante battaglia del vivere si ha anche il tempo di ristabilire i contatti con una narrazione lineare che offre l’occasione di riflette su tematiche importanti come, ad esempio, la difficoltà di condurre la propria persona verso direzioni certe o la difficoltà di affermarsi negli ambienti lavorativi e/o artistici.
Tra accuse e rivelazioni, tra realtà e finzione, tra speranze e illusioni, lo spettacolo s’impone perfettamente come particolare elogio ai disordini cosmici ed esistenziali, tracce inusuali di ogni nuovo inizio.
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Chi è di scena… la compagnia
Soggetti metropolitani è una giovane compagnia indipendente fondata e formata da Sebastiano Ragni, Davide D’Innocenzo e Riccardo Avramo, ma sempre pronta ad accogliere nuovi membri.
Il gruppo risponde a una politica teatrale democratica basata principalmente sulla collaborazione e non necessariamente soggetta alla rigida guida di un solo regista.
Tra gli obiettivi della compagnia: la volontà di raccontare le nevrosi metropolitane che attanagliano le persone e l’indagine, in chiave teatrale, delle cause che provocano smania e apatia nell’essere umano.
L’inizio: gli attori presentano i personaggi dello spettacolo
Sebastiano Ragni (Sebastiano)
Attore e drammaturgo (anteporre l’aspirante ad entrambi) studia presso la scuola di recitazione Fondamenta. Ama i film turchi e odia chi li definisce noiosi solo perché turchi.
Interpreta Sebastiano (ricordiamo che ha anche molta fantasia per i nomi) ex musicista fallito e nichilista, gioca ai cruciverba e odia i botanici. Rispetta poco i suoi amici e gli esseri umani in generale. È uno di quelli che vota PD e si legge poi Gramsci per lavarsi la coscienza.
Davide D’Innocenzo (Emilio)
Attore in erba del vicino, studia presso la scuola di recitazione Fondamenta. Testi sacri etiopi dicono di averlo visto arrivare in orario agli appuntamenti. Gli piace dormire e odia i ciclisti.
Interpreta Emilio, ragazzo illuso e figlio dei fiori. Discreto musicista e nipote preferito della nonna. Finge ingenuità per farsi regalare caramelle, ma quando si incazza ha carattere.
Riccardo Avramo (Giovanni)
Romano e romanista, studia presso la scuola di recitazione Fondamenta. Cresciuto con i film di Leone e Bertolucci, con le canzoni di Frank Zappa e De André, ma soprattutto con una giusta dose di Marxismo. Giura di non essere così vecchio e noioso come sembra. Indeciso, romantico, ma razionale, dice sì all’indie italiano, ma no alla trap. (chiedete troppo)
Interpreta Giovanni, progressista e spaccone, crede nella rivoluzione, ma preferisce che gli altri la facciano per lui. Fa parte (come l’attore) dell’elettorato di sinistra che non supera mai il 3%. Cambia film preferito ogni sera in base ai gusti della tipa che sta rimorchiando. Canta ogni mattina “50 special” in macchina, ma non capisce perché sia stato cacciato dal conservatorio.
Carlo Guglielminetti
Attore diplomato all’accademia internazionale di teatro, studioso e praticante ortodosso di cultura audiovisiva. Ama indossare belle scarpe ma è pronto a sacrificarle per un paio più comode. Cane sciolto, non sa come cazzo sia finito a recitare con Soggetti Metropolitani.
Il personaggio che interpreta veicola vettori spazio dimensionali con un telecomando magico, punisce i peccatori con scherzetti birbanti, ha avuto un passato di tossicodipendenza. Quattro di queste tre cose sono false.
Marilisa Pendino